fiaba di Natale
La mattina li sorprese e con la sua luce avvolse le loro sagome che, sovrapposte, si confondevano a formare un´unica figura.
Destatisi, salutarono con gioia e rinnovata freschezza il nuovo luminoso giorno.
Ma quasi subito si accorsero che l´aria si era fatta piú sottile e piú fredda della sera precedente, si percepiva in essa una misteriosa frenesia, un non so che di frizzante...
un indistinto presagio di qualcosa di ancora sconosciuto e inafferrabile, qualcosa che peró non nascondeva piú il proprio ormai prossimo avvento.
Un vento finissimo cominció allora a spirare in un silenzio fattosi piú greve, piú carico di materia, piú profondo.
Fu allora che comiciarono a scendere i primi fiocchi, mossero incontro alle cose, inarrestabili e costanti. Era la neve che faceva la sua prima elegante aristocratica apparizione.
I due accolsero con gioia tale arrivo e lasciavano che i fiocchi candidi e leggeri, delicatamente, li colpissero.
Alché una volonta´ carica di malvagitá squarció la pacifica distesa, il cielo vibró d´una tensione insostenibile ed un vento violentissimo cominció ad investirli.
I fiocchi si fecero grandi, pesanti, capricciosi, invadenti; spinti da quel vento diabolico aggredivano ora qualsiasi cosa, e sbattendola miravano a soffocarla.
All´improvviso una folata piú forte delle altre li sollevó da terra, li divise, li spinse lontano l´uno dall´altro facendoli scomparire alla vista.
La bufera continuó ad imperversare ferocemente ancora per molte ore.
Il giorno seguente il sole splendeva radioso e l´aria era piú mite. Molti superstiti ricomparivano allora sottraendosi faticosamente alla morsa del ghiaccio, rincuorati dal soccorso del calore solare. Fu allora che lo vidi.
Giaceva in un`angolo all`ombra; allo sguardo appariva rigido e contratto, avvolto da una camicia di ghiaccio era completamente inerte, privo di ogni vigore.
Provai a liberarlo tirandolo per un`estremitá ma ahimé, non ci riuscivo, il ghiaccio lo tratteneva, lo voleva per sé, il suo sinistro scricchiolio bisbigliava "lui é mio ormai: desisti!", "appartiene a me, vattene!".
La disperazione cominciava ad impadronirsi di me: feci l`ultimo tentativo.
Puntando un piede sul parapetto metallico, tirai, tirai, tirai con tutta la mia forza e finalmente cominció a sollevarsi, il ghiaccio si schiantó in un urlo di rabbia e di sconfitta e lo riebbi.
Del compagno non v`era traccia, scrutai a lungo in ogni direzione, ma niente. Inoltre il prato sottostante quella terrazza era separato da un salto di diversi metri di altezza e dunque inaccessibile ad una eventuale perlustrazione.
Rimase sulla terrazza.
Indifferente all`idea del piacevole tepore di una stanza riscaldata rimase fuori sul terrazzo.
Ritto in un incredibile sforzo verticale, consentitogli dalla armatura di ghiaccio che ancora lo ricopriva, permaneva immobile in attesa, in ascolto di un possibile richiamo del compagno, che forse, magari non subito, magari con il farsi innanzi della primavera, sarebbe tornato per ricongiungersi a lui.
Ogni tanto lo osservo dalla finestra della mia stanza, lo vedo sempre peggio, ma capisco che ha ragione, che é lí che deve stare, lí o da nessuna parte!
Guardandolo capisco che anche un`unica flebile speranza puó essere sufficiente per dare una ragion d`essere a chi da se stesso non vuole piú nulla.
E sarebbe un crimine negargliela in nome di un dubbio consunto buon senso.
Fine
La domanda è: "chi sono i due protagonisti??"
Occhio che è una fiaba e nelle fiabe ci sono le personificazioni!
La soluzione arriverà con la Befana il 06-01-2006. Ed ora spremete le meningi!