20.12.05

Tra il qua e il là



Turbini di neve che entrano dentro gli antri, sotto i portici, e ti accompagnano sulle scale mobili mentre scendi verso le U-Bahn. Ti fermi, torni indietro, vuoi uscir fuori e gustarti questo spettacolo.
Ma la neve è “böse”, è cattiva, di quel cattivo che si dice dei bambini, quando sono “sustosi”, irrequieti e frignano senza alcun motivo.
Perché questa neve, non appena esci fuori, ti vortica attorno, ti sbatte in faccia e sugli occhi, non ti vuole là, ti respinge dentro, non vuole né te né il tuo apprezzamento di lei, nessun apprezzamento,
la neve è böse, la neve è irrequieta, non si cheterà, non cederà a nessuna delle tue lusinghe.
Ok, ok, ho capito, torno dentro, torno sottoterra.

(fermare i pensieri e ricordarli, ah si, proprio così)

Sono dentro l’ultima carrozza dell’U-Bahn, siedo nell’angolo in fondo a sx.
A volte resto colpito da quanto le facce dei tizi che mi circondano non mi dicano niente, assolutamente niente, li vedi e sai che non appena se ne saranno andati non ti ricorderai mai più di averli incontrati: l’uomo di mezza età con il sacchetto della spesa ultravariopinto ed il suo placido contrarre i muscoli della bocca, quello un po’ più a dx che sembra uguale all’altro solo che di dieci anni più giovane. E poi a fianco ci’ho una vecchia, una vecchia con un piumino trapuntato “blù andato a male” ed un berretto a cuffia da ragazzo, nero con una idiotissima scritta rossa.

Fermata di Frankfürter Ring, la gente esce, la gente entra, “Bitte, zurück bleiben”,
i giri del motore salgono e mentre sto per partire, il mio sguardo, che avevo da po’ di tempo dimenticato fuori dal finestrino, si accorge di una donna sulla quarantina seduta sulla panchina. Bionda, faccia ancora giovane ma senza freschezza aspetta seduta. La fisso, ma non si gira.
E’ una mia piccola perversione quella di catturare lo sguardo delle persone che stanno fuori, cercare il contatto sfuggente, quello che non appena accade è già concluso, rimasto 5 secondi fa’ e 200 metri prima.
Un secondo è sufficiente per condividere la totalità di una giornata, e succede proprio perché sai che non sarà più di uno o due secondi, funziona solo così: non rischi nulla e non devi mettere parole in mezzo a sancire tutto ciò che l’altro mai saprà, a delimitare il mondo che mai lo riguarderà.
Funziona potenzialmente con tutti: donne, uomini, vecchi, giovani, bambini, anche con i bambini se riesci ad immedesimarti in loro, cosa effettivamente quasi impossibile.

Poco prima di Hartof, il conducente dice qualcosa, la gente si alza e si avvicina alle uscite.
Che si debba scendere mi è chiarissimo al cento per cento.
Ma accidenti, vorrei rimanere dentro, vorrei star lì seduto perché non me lo merito, non ho capito niente di quella macedonia di suoni dotati di un’intonazione innegabilmente convincente,
e se non ho capito vuol dire che devo restare lì ed esser portato nel deposito delle U-Bahn,
e lì ghettizzato assieme agli assopiti, agli ubriachi, ai sordi, ai barboni e a tutti quelli per i quali non conoscere il tedesco è come andare ad una festa di carnevale senza avere il costume.

Il fatto è che sei in transizione” - mi spiega un robusto cinquantenne dalla pancia di una sfericità perfetta, così candidamente esposto nella sua tuta grigietta di feltro –, “il fatto è CHE SENTI L’AVVENTO”,
non colgo e mi perdo nei suoi enormi mustacchi da tartaro;
“Si! Non capisci?” – mi dice mentre gli guardo le scarpe lunghe come due babbucce – “Come quale avvento? Il tuo avvento!”.

E capisco,
capisco mentre uscito dal treno ha voltato dalla parte opposta alla mia e si è allontanato in direzione Est-Nordest-Urali, capisco mentre sono di nuovo sotto la neve che turbina impazzita senza una direzione,

capisco perchè la adoro anche se così insopportabile,
capisco che sono in avvento, capisco che oggi sono in transizione.

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

e qui niente commenti? pareva una eternità ed ecco che fra un pochino sbucherà Aprile.. e il tuo ritorno... si sa che il futuro non è così prevedile come il guadagno di amplificatore differenziale, ma mi tenta ugualmente la noiosità di certe giornate a camuffarmi da mezzobusto delle previsioni meteo. e aspettarmi che ciò che mi aspetta sarà come me lo aspettavo.

16 marzo, 2006 20:40  

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