acqua al 60-70%
C’è un senso sfuggente.
La palestra era vuota.
A metà luglio - pensai - fosse normale.
Dopo 20 minuti capii che dovevo cercare i campi da BeachVolley.
Trovati i campi da BeachVolley mi fermai ad ammirare i giocatori: fusti nerboruti e fanciulle dai glutei perfetti.
Era una pubblicità di qualche famoso stilista?
Un tipo rimase senza compagno, e mi chiese se volevo giocare.
Dissi di si, ma che dovevo mettermi le lenti a contatto.
Andai in bagno e mentre ritornavo incrociai lo stesso tipo che se ne stava andando ( ! ).
Ad ogni modo feci coppia con un ragazzo che avevo conosciuto agli allenamenti di pallavolo e giocammo tre partite.
Le prime due contro due coppie formate entrambe da un uomo e una donna.
E la terza contro due tipi tozzi e palestrati.
Nonostante continuassi a ricevere e difendere in palleggio, il che implicava un punto immediato per gli altri, le vincemmo – di poco - tutte e tre. Non male come prima volta.
A Beach non è facile schiacciare, niente rincorsa o quasi niente, e far girare il più possibile la palla con il polso.
Solo alla terza partita riusci a metterne una dentro. Una.
Feci anche in tempo a notare una coppia di biondi, belli tonici e “sfioranti i due metri”, che piantavano la palla nel campo avversario come fosse … un rapanello e saltavano ogni volta a muro come se avessero i razzi gravitazionali sui piedi.
Riuscii a convincere me stesso che era tutta questione di allenamento e che anch’io, se solo l’avessi voluto, avrei potuto giocare come e meglio di loro.
Lo specchio dello spogliatoio mi rese un’immagine di un me stesso paonazzo, rosso come un …. rapanello sbattutto, paurosamente abbandonato in una prolungata anaerobiosi.
Non avevo nulla per asciugarmi, ma non me ne fregò niente.
Andai sotto la doccia, poi mi rivestii direttamente (come in “lo chiamavano trinità”).
Certo, lo sapevo che stavo imitando il personaggio di un film.
La sete era così assoluta, sebbene avessi bevuto parecchio, che, come avesse preso possesso della mia mente oltre che del corpo, comandò le mie azioni per una buona mezz’ora.
Il tempo di cedere alle tentazioni del coloratissimo banchetto della frutta e verdura del turco (i banchetti della frutta dei turchi ti inculano assiomaticamente), e tra melone, goccie d’oro, pompelmo e pesche, lasciargli la bellezza di 7 euro.
Mai successo che spendessi tanto per dello pseudo-cibo.
Presa la prima metro, persi la coincidenza con la seconda.
Mi feci abbindolare da un baretto dentro la stazione e comprai una fetta di torta alla … ??
Alla frutta ovviamente.
C’è un senso sfuggente.
La palestra era vuota.
A metà luglio - pensai - fosse normale.
Dopo 20 minuti capii che dovevo cercare i campi da BeachVolley.
Trovati i campi da BeachVolley mi fermai ad ammirare i giocatori: fusti nerboruti e fanciulle dai glutei perfetti.
Era una pubblicità di qualche famoso stilista?
Un tipo rimase senza compagno, e mi chiese se volevo giocare.
Dissi di si, ma che dovevo mettermi le lenti a contatto.
Andai in bagno e mentre ritornavo incrociai lo stesso tipo che se ne stava andando ( ! ).
Ad ogni modo feci coppia con un ragazzo che avevo conosciuto agli allenamenti di pallavolo e giocammo tre partite.
Le prime due contro due coppie formate entrambe da un uomo e una donna.
E la terza contro due tipi tozzi e palestrati.
Nonostante continuassi a ricevere e difendere in palleggio, il che implicava un punto immediato per gli altri, le vincemmo – di poco - tutte e tre. Non male come prima volta.
A Beach non è facile schiacciare, niente rincorsa o quasi niente, e far girare il più possibile la palla con il polso.
Solo alla terza partita riusci a metterne una dentro. Una.
Feci anche in tempo a notare una coppia di biondi, belli tonici e “sfioranti i due metri”, che piantavano la palla nel campo avversario come fosse … un rapanello e saltavano ogni volta a muro come se avessero i razzi gravitazionali sui piedi.
Riuscii a convincere me stesso che era tutta questione di allenamento e che anch’io, se solo l’avessi voluto, avrei potuto giocare come e meglio di loro.
Lo specchio dello spogliatoio mi rese un’immagine di un me stesso paonazzo, rosso come un …. rapanello sbattutto, paurosamente abbandonato in una prolungata anaerobiosi.
Non avevo nulla per asciugarmi, ma non me ne fregò niente.
Andai sotto la doccia, poi mi rivestii direttamente (come in “lo chiamavano trinità”).
Certo, lo sapevo che stavo imitando il personaggio di un film.
La sete era così assoluta, sebbene avessi bevuto parecchio, che, come avesse preso possesso della mia mente oltre che del corpo, comandò le mie azioni per una buona mezz’ora.
Il tempo di cedere alle tentazioni del coloratissimo banchetto della frutta e verdura del turco (i banchetti della frutta dei turchi ti inculano assiomaticamente), e tra melone, goccie d’oro, pompelmo e pesche, lasciargli la bellezza di 7 euro.
Mai successo che spendessi tanto per dello pseudo-cibo.
Presa la prima metro, persi la coincidenza con la seconda.
Mi feci abbindolare da un baretto dentro la stazione e comprai una fetta di torta alla … ??
Alla frutta ovviamente.

1 Commenti:
il fenomeno del beach volley tedesco....quando torni da ste parti?
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page